Benessere abitativo e sicurezza domestica
Articoli,recensioni di prodotti, consigli per la prevenzione degli infortuni negli ambienti di vita
Translate
Informazioni personali
- Gabriella Pesacane
- Napoli, Napoli, Italy
- Architetto Valutatore del rischio in ambito domestico; consulente per il benessere abitativo.Presidente ANSiD Associazione Nazionale Sicurezza Domestica- promozione e diffusione della cultura della prevenzione degli incidenti in ambiente domestico e del benessere abitativo.
La percezione del rischio.
Un’efficace prevenzione degli infortuni deve partore dalla percezione individuale del rischio, cioè dal livello di consapevolezza delle persone, dei pericoli con cui il vivere quotidiano in casa ci mette a contatto. Spesso non si riesce a valutare il potenziale rischio a causa di una visione semplificata della realtà: abitudini ed esperienze pregresse (personali o di altri) e scarsa conoscenza del pericolo e della sua dannosità, portano l’individuo a sottovalutare i rischi connessi alle attività quotidiane note e usuali come pulire e utilizzare attrezzi: l’acido muriatico, ad esempio, comunemente adoperato per pulire, è potenzialmente dannoso, se incautamente adoperato, e può provocare intossicazioni, ustioni o danni agli organi interni.
Anche la valutazione soggettiva rischi/benefici, influenza le nostre scelte: se un determinato comportamento arreca un beneficio, allora il rischio ad esso connesso sarà percepito in misura minore. Per fare un esempio: per pulire i vetri della finestra salgo sulla sedia perché è a portata di mano, mi risparmia il fastidio di prendere la scaletta, mi consente una maggiore libertà di movimento, quindi mi sbrigo prima; il pericolo che da questa azione può derivare mi sembra inferiore rispetto al vantaggio che traggo dal velocizzare il lavoro. Il rischio è ritenuto accettabile quando è associato ad una motivazione rilevante e promette vantaggi immediati; gli svantaggi non sono evidenti, quindi “vale la pena”.
Rispetto all’incidente domestico utilizziamo una scorciatoia mentale; migliaia di persone cadono o si ustionano in casa propria, nonostante ciò la nostra autostima ci fa sottovalutare il pericolo, ci sentiamo meno esposti perché ci riteniamo esperti; “ho fatto sempre così e non è mai successo niente” è la frase tipica dell’illusione del controllo. In pratica, gli eventi rari ma eclatanti, sono sovrastimati rispetto ad eventi che attirano di meno l’attenzione sebbene siano più frequenti.
Analogo atteggiamento viene assunto nei confronti di quei comportamenti pericolosi che manifestano
il danno nel tempo, (vedi esposizione a sostanze chimiche, il rischio biologico
o le scorrette pratiche igieniche e alimentari). La nostra mente è selettiva,
crediamo di vedere e sentire tutto semplicemente prestandovi attenzione e non è
così; il 99% delle persone, forte della sua presunta esperienza, non rispetta le regole di sicurezza e,
malgrado ciò non subisce infortuni; questo risultato viene erroneamente attribuito
alla propria capacità di gestire il pericolo.
Tutte le nostre decisioni sono motivate da un lavoro mentale attraverso il quale attribuiamo un valore a quello che osserviamo; un processo che si sviluppa attraverso cinque fasi consecutive, con cui costruiamo la nostra “mappa mentale”: con l’attenzione raccogliamo i dati, li filtriamo e li selezioniamo anche inconsapevolmente, ma l’attenzione è influenzata simultaneamente da altri fattori individuali come credenze, interessi, aspettative del soggetto. Una volta raccolte le informazioni le organizziamo in schemi per poi attribuire loro un significato. Conserviamo una parte delle informazioni nella memoria per richiamarle al momento opportuno. Nell’ultima fase, valutiamo l’informazione ricevuta, sia essa un evento, una persona o un oggetto; questa fase influenzerà tutte le successive decisioni ovvero i nostri comportamenti. In genere, non percepiamo il rischio per motivi diversi: non lo conosciamo, o perché affetti da un’alterazione delle capacità percettive quali ipoacusia, daltonismo, alterazione da sostanze inebrianti o farmaci, stanchezza o ripetitività che contribuiscono ad abbassare la nostra soglia di attenzione. La maggior parte di noi, rimuove il pericolo dalla coscienza, ovvero tendiamo a minimizzare per semplificarci la vita; sarebbe, infatti, eccessivamente stressante, tenere il pensiero costantemente rivolto al pericolo. Più si è convinti che non sia possibile proteggersi dal pericolo, più tendiamo a rimuoverlo ritenendoci appunto, impotenti rispetto al rischio; questa credenza nasce dalla disinformazione da un lato e da un atteggiamento fatalista dall’altro: l’incidente è governato dal caso.
Talvolta, poi, sopravvalutiamo le nostre capacità; è il caso dei tanti anziani che quotidianamente finiscono al pronto soccorso a causa di incidenti domestici, talvolta mortali, perché non si rendono conto delle mutate capacità fisiche.
Anche gli orientamenti culturali influenzano fortemente la percezione del rischio; gli individui apprendono osservando le altre persone nel proprio ambiente di vita, dalla famiglia al luogo di lavoro, si impara per imitazione. E’ perciò naturale che i diversi comportamenti derivino dai valori socio – culturali di origine; in particolare, la valutazione del pericolo è proporzionale alla soglia di accettabilità del rischio e al concetto di benessere psico-fisico. Un immigrato, quale che sia la sua nazionalità, deve adattarsi ad una nuova cultura e il riadattamento può avere ripercussioni proprio sulle modalità di percezione del rischio e del pericolo.
Non vanno poi trascurate le differenze di genere; gli agenti fisici, chimici e biologici presenti nell’ambiente, possono causare danni diversi in persone di sesso opposto, che possono riguardare, con intensità diversa, la sfera riproduttiva e le implicazioni per la prole in fase di gestazione o di allattamento. Le donne mostrano maggiore consapevolezza del rischio e gestiscono meglio la prevenzione grazie all’educazione ricevuta, al ruolo sociale, a schemi di altruismo e al senso di abnegazione materna. Tuttavia, nel perseguire il benessere altrui, le donne tendono a trascurare il proprio e, come dimostrano le statistiche, si infortunano maggiormente rispetto agli uomini in ambito domestico.
La percezione del rischio infine, varia in rapporto all’età. Contrariamente a quanto avviene in ambito lavorativo, dove sono i giovani ad infortunarsi maggiormente, anche se in maniera lieve, in ambito domestico sono gli anziani ad avere una percezione del rischio alterata e, come già detto, ad andare incontro ad incidenti più gravi.
Cosa
fare ? Motivare, spingere all’azione, utilizzando gli stimoli interni ed
esterni che possono incidere sensibilmente sui comportamenti; motivare il
genitore alla salvaguardia della propria incolumità e di quella dei suoi figli
facendo leva sull’amore; è questo uno stimolo di tipo interiore anche se
la spinta proviene dall’esterno. Il comportamento consigliato, per apparire particolarmente gradito, deve essere
associato ad altri bisogni. Le campagne di sensibilizzazione dovrebbero
influire in modo mirato sui comportamenti
e sulle azioni, agendo
sull’emotività degli individui, identificando gli ostacoli o i motivi di
resistenza attraverso il dialogo con i soggetti interessati ed anche l’utilizzo di incidenti simulati.
Riferimenti bibliografici
-Michela
Mottica: La percezione del rischio e l’aspetto comportamentale del fenomeno
infortunistico- in “ Infortuni nelle abitazioni” Manuale tecnico per gli
operatori della prevenzione – cap. 15 -
- “La
percezione del rischio” di Federica Paolucci- psicologa del lavoro e delle
organizzazioni-
“Promuovere i
comportamenti sicuri”- Quaderno a cura del SUVA-PRO sicurezza sul lavoro
Arch. Gabriella Pesacane - Presidente di ANSiD (Associazione Nazionale S...
Inquinamento indoor: l'aria che respiriamo
Siamo portati a ritenere erroneamente che la nostra abitazione sia il luogo sicuro per eccellenza. Così non è e le statistiche ci confortano in questa affermazione, testimoniando una altissima percentuale di incidenti domestici e di danni correlati. Spesso, quando camminiamo nel traffico cittadino, pensiamo alla nostra casa come un rifugio sicuro nella quale poter sentirci al riparo dai pericoli dell’inquinamento di un’aria che ci appare irrespirabile. Così non è ! In Europa la popolazione trascorre al chiuso il 90% del suo tempo e l’aria interna contiene più di 900 sostanze chimiche potenzialmente dannose. Se consideriamo che ogni persona inala ogni giorno dai 10mila ai 20mila litri d’aria si comprende bene quale peso abbia il problema dell’inquinamento sulla salute. Valgono, perciò, anche per la nostra abitazione delle regole generali e dei consigli utili per creare un ecosistema compatibile con il mantenimento di un ottimale stato di salute. Il decalogo che riportiamo qui di seguito è il frutto di un poderoso lavoro di ricerca di prestigiose università italiane.
Le 10 regole per una buona qualità dell’aria negli ambienti domestici:
1) Ventilare l’abitazione almeno una volta al giorno ed almeno per 20
minuti aprendo le finestre se possibile quelle meno esposte alle strade
di traffico e possibilmente di pomeriggio quando l’inquinamento esterno è
minore
2)
Usare la cappa, quando si cucina avendo attenzione a
cambiare periodicamente i filtri;
3) Aerare la casa dopo aver compiuto
alcune attività, quali ad esempio l’uso di pitture, colle, solventi,
disinfettanti ecc.;
5) Cambiare periodicamente il filtro HEPA di purificatori d'aria, laddove presenti;
6) Evitare l'utilizzo di deodoranti e profumanti
dell'ambiente quali spray, incensi e candele.
7) Evitare, se possibile, di utilizzare
caminetti, stufe a legna o a "pellet";
8) Mantenere in una media accettabile le
condizioni microclimatiche dell’abitazione
evitando che la temperatura
e l'umidità dell'aria
siano troppo alte o troppo basse;
9) Evitare di fumare in casa;
10) Non vivere troppo in casa, ma uscire
cercando di passeggiare in luoghi possibilmente non inquinati.
Lo studio ha preso il nome di “ANAPNOI- Respirare bene per invecchiare meglio” ha voluto mettere in relazione gli effetti dell’inquinamento domestico su pazienti affetti da BPCO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva che è un insieme di malattie respiratorie che interessano polmoni e bronchi con conseguenti difficoltà respiratorie. Si tratta di malattie ad andamento cronico con danni spesso irreversibili ma che possono essere tenuti sotto controllo. Tra queste la bronchite cronica che è una infiammazione della mucosa bronchiale che comporta una difficoltà nello scambio gassoso tra l’aria inalata e l’ossigeno assorbito dai polmoni.
Si tratta di patologia molto diffusa che interessa quasi il 5% della popolazione e rappresenta la quarta causa di morte. Ovviamente l’inquinamento ambientale gioca, insieme con il fumo di sigarette un ruolo importante nel determinare la malattia e nel farla aggravare.
E’ perciò fondamentale che la nostra abitazione, dove noi trascorriamo, “respirando” la gran parte del nostro tempo, presenti condizioni climatiche ottimali, poco potendo fare, almeno singolarmente, per contrastare l’inquinamento esterno che, comunque, contribuisce a condizionare anche la qualità dell’aria nella nostra abitazione collegata anche a vari altri fattori quali l’uso di sostanze abitualmente utilizzate ( disinfettanti, igienizzanti, pitture, solventi ecc.), i fumi che si sprigionano quando cuciniamo, le polveri che si nascondono sui tappeti, sui divani e sui tessuti in genere, la presenza di animali domestici in specie se a pelo lungo.
Una
indagine condotta dall’ ADICO, Associazione Difesa Consumatori, ha evidenziato come gli arredi, soprattutto se acquistati di
recente possono rilasciare sostanze chimiche nocive perché prodotti quasi
universalmente con compensati e truciolati trattati con sostanze
tossiche (vernici, collanti). La dispersione è maggiore quando i bordi
degli arredi non sono protetti da laminati e quando la temperatura
dell’abitazione è particolarmente elevata. Quel buon odore di nuovo che avvertiamo in una
casa ammobiliata di recente e che
ci da l’impressione di pulito e sano, al contrario, dovrebbe
preoccuparci ed indurci a ventilare abbondantemente la casa prima di abitarla. Alla
luce poi, dello studio ADICO, già citato, ci sentiremmo di far nostre le
proposte scaturite da quello studio, aggiungendo alcuni altri consigli al
decalogo ANAPNOI e cioè, evitare, se possibile, l’acquisto di mobili con formaldeide
preferendo quelli con il marchio
CQA-Formaldehyde E1 che contraddistingue le produzioni di pannelli a bassa
emissione di formaldeide e verificare che le superfici e i bordi siano
laminati; dopo aver collocato la nuova mobilia, inoltre è opportuno ventilare l’ambiente
per almeno 72 ore.
BIBLIOGRAFIA
www.associazionedifesaconsumatori. “Contro le
sostanze chimiche rilasciate da mobile nuovi. I
consigli dell’ ADICO.
Johnson A, Casualties
of Progress : Personal Histories from the Chemically Sensitive Paperback –
January 2000
www.unicatt.it. Progetto
ANAPNOI, Respirare bene per invecchiare meglio. 2019
Sato
Y, Sugaya N, Nakagawa T, Morita M. Analisi di ftalati in prodotti aerosol
aromatic e deodorant e valutazione del rischio da esposizione. PMID 2015
AUTORE
Architetto Gabriella Pesacane, presidente Associazione Nazionale Sicurezza Domestica, segretario nazionale A.N.T.e.S. Associazione Nazionale Tecnici della Sicurezza, Consigliere del Collegio dei Revisori dei Conti per la S.I.Ri.C. Società Italiana Rischio Clinico, Membro Associato del CIRPS Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo sostenibile – Sezione Salute e Sviluppo.
Gli incidenti domestici. Raccomandazioni per una casa più sicura
Chi sono
Donna Multitasking
-
Nel 2017, in Italia, si sono verificati ottomila morti per infortunio domestico che hanno coinvolto le fasce più deboli e fragil...
-
La percezione del rischio. Gli incidenti domestici sono causati nella maggior parte dei casi, da comportamenti e stili di vi...